martedì 31 maggio 2011

Più digital, meno "divide"


Ka-Sat, è questo il nome del primo satellite che permetterà di accedere alla banda larga anche nelle zone più remote dell'Europa e delle aree nordafricane e medio orientali rendendo finalmente possibile il miraggio di un collegamento ad Internet.

Il satellite, lanciato in orbita tra il 26 ed il 27 dicembre 2010 dal cosmodromo di Bajkonur, nel sud del Kazakistan,  è ufficialmente entrato a regime e grazie alla sua capacità satellitare di 70 Gbps sarà in grado di servire gli utenti di tutta Europa e del bacino del Mediterraneo.

Una vera e propria manna per i provider di servizi internet i quali potranno estendere la banda larga ai consumatori e alle imprese delle aree non raggiunte dalla fibra ottica. Il servizio, senza precedenti, offrirà soluzioni per imprese private e per le pubbliche amministrazioni riducendo i costi dei terminali e del servizio di banda larga.

Un altro passo importante a livello italiano verso la riduzione di quel digital divide che rappresenta una fonte di discriminazione consistente nei confronti di quel 10% della popolazione che non ha ancora accesso alla rete.

Internet via satellite rappresenta un passo importante verso una estensione egualitaria del diritto di accesso alla rete telematica. In questo modo nessuno potrà sentirsi emarginato dal web perché, checché se ne dica, non avere accesso internet oggi è una consistente forma di emarginazione per qualsiasi cittadino.

Le boutique del carburante


Quando avete fatto il pieno l'ultima volta? Vi ricordate?

Io ormai comincio a dimenticarmene. Con quanto è successo nel mese di aprile la mia pulsione verso un serbatoio gonfio s'è drasticamente ridotta. Sai com'è, quando pensi al costo di un pieno di un'auto media cominci a sviluppare una sorta di intolleranza nei confronti di quei cartelli con cani a sei zampe, conchiglie, claim nazionalistici e chi più ne ha più ne metta.

L'Istat, nelle stime provvisorie, ha comunicato che, nel mese di maggio, la benzina è aumentata dell'11,1% su base annua mentre il gasolio del 15,2%. Ma il record è detenuto dal gpl: +19,1% su base annua.

Che dire, un salasso per qualunque lavoratore pendolare che ogni mattina deve recarsi a lavoro con il proprio mezzo e, chilometro dopo chilometro, vede scorrere ai lati della strada questi distributori di carburante che, anche nei connotati estetici (indicatori di prezzo a led, immagine aziendale rivisitata e accattivante, grafica pubblicitaria che strizza l'occhio al tema ambientale e operazioni a premio di prim'ordine), somigliano sempre più a delle vere e proprie boutique. D'altronde un pieno di benzina o di gasolio, a seconda dell'auto, puoi pagarlo dai 50 ai 150 euro e oltre.

Ma ecco scorgere, tra i tanti magnati del carburante, un distributore anonimo, semplice, poco colorato, quasi sbiadito, come se appartenesse ad un'altra epoca: il distributore "bianco". In pratica, questi distributori privati sono unbranded (non appartenenti a nessuna compagnia specifica) e praticano una politica di prezzo solitamente concorrenziale in quanto non imposta da alcuna compagnia petrolifera. Peccato siano rari come una perla nell'adriatico e che abbiano impiegato, in perfetto stile made in Italy, solo pochi anni (mesi?) per adeguarsi al trend dei grandi.

Il risultato è che ti tocca percorrere una decina di chilometri per trovarne uno e alla fine il risparmio è annullato dalla strada in più che ti tocca percorrere per "scovarlo".

Considerando che il 55% del prezzo finale del carburante è composto da tasse costituite da molteplici accise - tra cui si annoverano imposte per il finanziamento di guerre e crisi risalenti ad oltre mezzo secolo fa (su tutte 1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935) - su cui, inoltre, viene calcolata l'iva del 20%, il costo della benzina è un vero e proprio scherzo del fisco.

Forse è tempo di mettere da parte le solite blande ed inconsistenti proteste che fanno il solletico al nostro stato e cominciare ad apprendere il valore e l'importanza dei gruppi d'acquisto, cittadini che si uniscono per ottenere facilitazioni e convenienza nell'acquisto dei prodotti più disparati scegliendo l'unione e la concretezza.

E vediamo se l'unione fa ancora la forza.

lunedì 30 maggio 2011

Ballottaggio docet


Giornata ricca di emozioni per i milanesi, per i napoletani e per tutti coloro che hanno atteso con ansia l'esito di questi ballottaggi.

Un attesa, probabilmente, dovuta a due motivi: la speranza di vedere il proprio colore politico al potere e la voglia di non sentir più parlare di ballottaggi. Il bello e il brutto della politica, materia appassionante ma che monopolizza il web.

Ad ogni modo, gli esiti dei ballottaggi, hanno sancito, oltre ad una vittoria sostanziale del centro-sinistra, il famigerato e ormai familiare "calo d'affluenza alle urne". Solo il 60,11% dei cittadini si è recato alle urne contro il il 68,58% del primo turno (15-16 maggio). L'ennesima conferma di una generale disaffezione nei confronti di una politica troppo spesso (sempre?) auto-referenziale.

Potremmo dire "niente di nuovo all'orizzonte" se solo la disaffezione di cui si parla non riguardasse particolarmente gli under 35. In fin dei conti è questa la cosa preoccupante, che la generazione solitamente definita "futura classe dirigente" si sente emarginata da una politica fatta da un classe dirigente preistorica. Ciò che è accaduto durante questo periodo di ballottaggi è sintomo di una politica fatta di scontri e di affronti per lo più futili che mirano a denigrare l'avversario politico, lasciando gli elettori in una ignoranza politica sostanziale corrispondente ad una mancata conoscenza dei programmi proposti.

Così, questo giovane under 35, visto dalla nostra politica quasi come una mina vagante, dal potenziale dirompente ma mai espresso, cammina solitario per vie ideologiche auto-represse anteponendo alla frase "futura classe dirigente" la parola "mai".

Sarà questo il suo futuro quindi? Una rivisitazione politica de "Il deserto dei Tartari"? Un'eterna attesa di una politica che, in un impeto di ragionevolezza e comprensione misto a pietà, gli piombi addosso rendendolo parte attiva del sistema che conta? Beh, alla luce di quanto è successo nell'ultimo mese, spero di no. Gli avvenimenti politici degli ultimi giorni hanno un carico di incompetenza quasi incredibile e da ciò dobbiamo imparare; imparare ad esprimerci e manifestare il nostro punto di vista perché, anche se non sembrerebbe, è importante e vale almeno quanto quello di un qualsiasi politico italiano.

D'altronde, se non sbagli non impari, se non parli non conti.

Referendum mobile


Risale a qualche giorno fa la notizia, postata su diversi blog e siti di informazione hi-tech, relativa alla possibilità di scaricare gratuitamente su i-phone e i-pad delle applicazioni che permettono di informarsi su tutti i quesiti del referendum del 12-13 giugno 2011.

In particolare, l'applicazione "Referendum", oltre a contenere informazioni utili su come votare per i cittadini fuori sede e per coloro che hanno una grave malattia, contiene una funzione Countdown utile per ricordare ai cittadini di presentarsi alle urne per esprimere il proprio parere.

Un'altra inutile applicazione gratuita che cavalca l'onda referendaria di questo periodo oppure un utilissimo strumento per avere le idee più chiare su ciò che accade in Italia? Prescindendo dall'opinione di ognuno di noi, va sicuramente sottolineata la forza democratica di questa applicazione che da la possibilità, anche ai più pigri, di potersi informare velocemente su ciò che comporterebbe votare SI o NO oppure non votare affatto.

C'è da dire che il Referendum di giugno, dopo un periodo chiacchieratissimo derivante dal disastro atomico accaduto in Giappone, è stato oscurato dalle elezioni amministrative di questo mese di maggio che, tra scontri, attacchi, comizi, pubbliche accuse e ballottaggi ha completamente catturato l'attenzione del Web e dei suoi navigatori.

Ritengo utile pertanto proporvi un link attraverso cui potrete chiarirvi le idee e ridare smalto ad uno degli ultimi strumenti di esercizio del potere popolare rimasti nelle nostri mani.

Votare SI oppure NO è una vostra scelta, votare è un vostro diritto e dovere.

Chi sa che un giorno le applicazioni per dispositivi mobile non diventeranno uno strumento di votazione legalmente riconosciuto. A quel punto non avrete più alcuna scusa.


É morto il Blog, viva il Blog!


Carissima lettrice, carissimo lettore,

benvenuti in "The Web Salad" (TWS)!

No no, vi prego, non fatevi trarre in inganno dall'immagine, continuate a leggere e state pure traquilli, questo non è un Fashion Blog, questa è la sua antitesi!

Innanzitutto, le presentazioni.
Io sono AL, il Web Salad Dressing, colui che tenterà di condire questo Blog donandogli un imprinting di attualità socio-culturale che rappresenti qualcosa di diametralmente opposto ad un blog che parla di moda.

Disdegno la moda? No, affatto, semplicemente, non ne posso più di questo fiorire continuo di blog vuoti di ogni contenuto, privi di ogni senso, in cui l'apice culturale toccato è rappresentato da un ragazzo o da una ragazza, in posizioni ambigue, che indossano abiti-marchette, facendo finta di averli trovati in una botteghina sconosciuta.

Sono un critico del web? Affatto! Sono un semplice internatuta che ha deciso di dare spazio a questioni di attualità pressanti che riguardano il Bel Paese e il resto del mondo ma da un punto di vista unico: quello del web. TWS darà spazio all'informazione nel senso più ampio partendo dalla rete e restando nella rete. Mass Media diversi da Internet non troveranno in alcun modo spazio all'interno di questo blog.

Nella sostanza, carrisimi lettori, TWS ha una mission e una vision precise ed un unico filtro, il web.
Mission: prestare attenzione a tutto ciò che ci accade intorno assumendo una posizione di "ascolto" del web e di confronto universale che non includa altri Mass Media.
Vision: rendere TWS un blog che viva nel Web e solo del Web, ridando smalto a quel gran mezzo di informazione e di democrazia che è Internet.

Tra le migliaia di Blog che nascono quotidianamente questo strumento sembra ormai in decadenza e l'unica via di salvezza sembra ormai anteporvi la parola "Fashion".

Io non ci sto.
Diamo spazio all'informazione, alla cultura, alla critica politica, alla comunicazione, ai nostri interessi e facciamolo attraverso (speriamo) l'ultimo mezzo di comunicazione che ci riserva scampoli di libertà. Diamo spazio ai Blog, diamo spazio al Web!

É morto il Blog, viva il Blog!