domenica 12 giugno 2011

Bankitalia sui trentenni: una generazione esclusa



Il 40% dei trentenni italiani vive ancora con i genitori mentre il 55% di quelli che cercano un lavoro si vede offrire esclusivamente un impiego di tipo precario.

Sono questi i dati spulciati dal Direttore Generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, alla platea di giovani imprenditori in occasione del convegno di Santa Margherita Ligure. La definisce "generazione esclusa" ed è costituita da quei giovani trentenni scoraggiati dall'inutile ricerca di un posto di lavoro stabile e dall'impossibilità di tagliare il cordone ombelicare che li lega ai propri genitori.

Negli ultimi anni s'è delineato un mercato del lavoro sostanzialmente composto, da un lato, dagli eredi della tradizione industriale (le famose seconde o terze generazioni), dato che l'80% delle imprese italiane è di proprietà familiare, dall'altro, da i nuovi imprenditori della "web generation" che, paradossalmente, oltre a creare lavoro per sé lo creano anche per i propri coetanei. Nel frattempo la crisi ha colpito in particolare i giovani tra i 15 e i 29 anni con una riduzione dell'occupazione in Italia del 13,2% ed un tasso di disoccupazione del 20,2%, ben quattro punti in più della media europea.

Il quadro dipinto da Bankitalia è quello di un paese che invecchia inesorabilmente e di giovani generazioni sempre più scoraggiate ed emarginate dal mondo del lavoro. L'istruzione italiana sembra non essere in grado di trasmettere ai giovani le giuste conoscenze e competenze professionali. Di conseguenza, ogni anno, una nuova schiera di giovani infrange la propria energia e la propria voglia di fare contro il muro di un mondo del lavoro globalizzato, altamente tecnologico, esigente e non più disposto a investire risorse e tempo nella formazione del personale.

E allora ecco aumentare inesorabilmente il numero dei trentenni ai quali la società non permette di allontanarsi da casa. Solo dall'inizio degli anni '80 la percentuale di coloro che vivevano con i genitori era del 16%. Oggi ci troviamo dinanzi ad una percentuale più che raddoppiata. Succede poi che chi non riesce a trovare lavoro intraprende la via dell'autoimpiego, cercando di costruire la propria impresa, ma anche lì vincoli giuridici e burocratici, uniti ad una scarsissima attitudine delle banche al finanziamento delle imprese giovanili, rendono impervio e, nella maggioranza dei casi, fallimentare ogni tentativo.

A questo punto ci si chiede come fare spazio ai giovani? Come sarà possibile svecchiare le imprese e le istituzioni dando una rinfrescata alla cultura imprenditoriale italiana?

Considerando che l'età media della classe dirigente italiana è tra le più alte (se non la più alta) d'Europa, che in quel famoso 80% di imprese a proprietà familiare circa i due terzi prediligono la direzione/gestione anch'essa di tipo familiare, con una scarsissima propensione al reperimento di risorse manageriali sul mercato oltre ad una bassa predisposizione all'innovazione e al rischio, alla generazione esclusa sembrerebbe non rimanere altro che lo scoraggiamento.

Gli unici casi di successo di imprese create e gestite da giovani under 40 attengono quasi esclusivamente al settore dell'informatica e della tecnologia. Nella sostanza, sembrerebbe che l'innovazione tecnologica, in particolare tutto ciò che attiene ad internet, sia l'unico settore di competenza quasi esclusiva dei giovani e per questo motivo, negli ultimi anni, si è assistito ad un fiorire di "software house", "web agency" e micro imprese di vario genere, composte in media da una decina di dipendenti, che attengono a questo mondo.

Il risultato sono una quantità sterminata di minuscole imprese web oriented che lavorano per le aziende italiane di vari settori (a stragrande maggioranza di proprietà e a conduzione familiare) e che concorrono tra loro attraverso l'arma della convenienza intraprendendo una guerra dei prezzi che, nel giro di un decennio, ha già notevolmente abbattuto il valore di questo mestiere. Di conseguenza anche la tecnologia, l'ultima roccaforte del giovane trentenne, comincia a traballare sotto i colpi della svalutazione professionale.

Sembra d'essere in presenza di un complotto nazionale che intenda rifuggire dall'affidare ai giovani delle competenze esclusive e, laddove questo giovane, "purtroppo", ci riesca, si innesca l'arma dello svilimento e dell'abbattimento in termini economico-professionali. Ma, nonostante ciò, il web è il presente e il futuro ed è il luogo in cui continueranno a crearsi nuove professionalità e nuovi posti di lavoro.

Pertanto i giovani devono continuare a credere in questo potente mezzo il quale, grazie al suo presupposto democratico, continuerà a premiare i meritevoli. Almeno fino a quando i giovani non diventeranno i prossimi anziani. Si sa, la storia è ciclica e difficilmente impariamo dagli errori degli altri.


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